• Musica e acquisti: si vende di più a scapito della salute dei lavoratori

    Rumore e musica apparentemente sono due termini che non dovrebbero essere accoppiati, ma succede anche questo nei negozi di abbigliamento delle grandi città o nei centri commerciali: i più importanti megastore della moda, in pieno centro a Milano sono stati tenuti sotto osservazione per diversi mesi questa primavera dagli ispettori della locale ATS monitorando il volume della musica trasmessa nei locali, musica che è considerata un'importante esca per invogliare all'acquisto. Su 20 esercizi commerciali, quattro sono stati segnalati alla procura cittadina in quanto non rispettavano i limiti: i sopralluoghi infatti hanno rilevato in tre negozi rumore superiore agli 80 decibel, soglia minima considerata potenzialmente nociva per l'udito dal decreto legislativo 81 del 2008 che si occupa di sicurezza sui luoghi di lavoro, mentre uno superava addirittura la soglia di 85 decibel.

    Dopo i sopralluoghi, i negozi hanno provveduto a mettersi in regola, ma l'uso del “sound business” rimane un fattore cruciale per queste attività: infatti l'esposizione a soglie di rumore rilevanti per i commessi può essere nociva a causa dei turni di lavoro, portando a casi di cefalee, problemi cardiocircolatori e stress psicofisico, i cosiddetti effetti non acustici del rumore; ma può essere nociva anche in caso di esposizione più limitata nel tempo, ad esempio nei confronti di bambini ed anziani che sono soggetti più sensibili, portando queste pratiche ad arrecare danno ad un numero indistinto di persone, lavoratori e non.

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